Il linguaggio non è in grado di spiegare la pienezza del mistero. Ecco perché l’assoluto silenzio della meditazione è di estrema importanza. Non cerchiamo di pensare a Dio, di parlargli o di immaginarlo. Rimaniamo in quel grandioso silenzio, aperti all’eterno silenzio di Dio. Nella meditazione, grazie alla pratica e istruiti dall’esperienza quotidiana scopriamo che questo è il nostro ambiente naturale: siamo stati creati per questo e il nostro essere prospera e si espande in quel silenzio eterno.
In ogni modo, ricorrere al termine “silenzio” già è fuorviante e forse scoraggia molte persone, perché evoca un’esperienza negativa, la mancanza di suono o di linguaggio. Le persone temono che il silenzio della meditazione sia regressivo.
L’esperienza e la tradizione, ci insegnano che il silenzio della preghiera è uno stato post-linguistico, non pre-linguistico, dove il linguaggio ha terminato il suo compito di portarci oltre se stesso e oltre la dimensione della coscienza mentale.
Il silenzio eterno non manca di nulla, né ci priva di nulla. È il silenzio dell’amore, dell’accettazione senza riserve e senza condizioni. Lì riposiamo con nostro Padre, che ci invita a rimanere con Lui, che ama che stiamo con Lui e che ci ha creato per stare con Lui.
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