0362/551332
operafratelettore@gmail.com
  • La storia
    • Ettore Boschini
    • Gli inizi
    • La Madonna volle una casa
    • Associazione privata di fedeli
  • Sorelle
    • Le Sorelle
    • Associazione privata di fedeli
  • Poveri Provvidenza Preghiera
  • Le nostre case
    • Casa Betania
    • Villaggio della Misericordia
    • Nostra Signora di Loreto
    • Il teatro della Misericordia
  • Il volontariato
    • Una chiamata
    • Stare vicino al Povero
    • Distribuzione Provvidenza
  • Mediateca
    • Video
    • Foto
    • Link
    • Libri
    • Pubblicazioni
  • Articoli

COSTRUIRE SULLA ROCCIA

Casa Betania della Beatitudini

E’ la casa principale dell’Opera; qui è sepolto fratel Ettore; da qui partono e hanno ritorno, tutte le attività. È una comunità “protetta”, il che significa vivere una vita semplice e familiare. Cerchiamo di non distoglierci da ciò che ci tiene più occupati: la preghiera e la mutua solidarietà. Questi due grandi impegni sono anche al servizio di grandi necessità, come quella di non perdere il senso dell’essenziale, della povertà e del sentirsi Ospiti qui a Casa Betania: Ospiti di passaggio. Questo per lasciare a chi verrà dopo di noi, un luogo di santità.

 

Corso Isonzo 90
Seveso (MB)
tel. 0362-551332

La portineria
Il santuario
Il refettorio più annessi e connessi
I reparti
Il terrazzo
L'archivio
La piccionaia
Le barche di Casa Betania
Laboratori creativi
La portineria

Se venite direttamente in portineria, ammesso che ci riusciate, incontrerete Vittoria che perentoriamente vi metterà seduti e lì  dovrete stare finché la medesima avrà trovato a sua volta qualcuno che le dia retta. Se invece incontrate Debora allora è il vostro giorno fortunato, potreste persino riuscire nello scopo che la vostra visita si era prefisso, ma purtroppo lei è sempre al telefono.

 

 

 

 

 

Qui è un po’ come “il Castello interiore” di santa Teresa d’Avila, di mansione in mansione dovrete cercare di addentrarvi verso il cuore della situazione, altrimenti sarete depistati da molte circostanze intermedie che vi ostacoleranno grandemente qualsiasi intento vi siate proposti.

Ad esempio (sempre ammesso che Carlo vi abbia fatto entrare) non è dato per certo che voi riusciate a coprire il tratto, breve in verità, che separa il cancello dalla porta di ferro della portineria, senza cadere nella rete di Gerardo, Angelino e Giorgino, (detto fra noi nessuno la fa franca).

Fase dell'adocchiamento.....pronti alla partenza......via! Chi vince fuma!

I tre vi chiederanno in modo appiccicoso e insistente tre sigarette, se dite di no caleranno a due, se tenete duro inizieranno a mercanteggiare per una sigaretta in tre. Se direte loro che proprio non fumate potrebbero piantarvi in asso (fortunati voi!), oppure restarvi incollati pieni di incredulità. Sarete tentati di dar loro magari 50 centesimi … glieli date? Siete rovinati perché sorella Teresa (che sono io che scrivo) senza neppure lei capire come fa, lo scoprirà, e sarete messi alla porta come persone indesiderate, tutto per soli 50 centesimi … (“Pensaci, Giacomino!”).

Se invece incontrate un Croato in lacrime e senza calze, l’unica è non badarci, la prossima volta magari è di ottimo umore e potrete scoprire che persona amabile sia. Sì, il tratto dal cancello alla portineria è veramente pernicioso. Scrivo seduta al sicuro dietro il vetro della suddetta (se avrete la sorte di raggiungere la portineria di Casa Betania scoprirete che vi è un vetro che separa gli ammessi alle mansioni interne da quelli che ancora boccheggiano fuori dal Castello …). Osservando il tratto dal cancello alla portineria sono sempre presa da un senso di compassione e di colpa, mi dico che dovrei intervenire rendendo più semplici i contatti fra Casa Betania e il mondo esterno … ma ne parleremo più avanti. (Magari qualcuno non ha letto “Il Castello interiore” di santa Teresa d’Avila e non si raccapezza con gli esempi. Meglio colmare la lacuna perché potrei usarlo ancora per le mie dimostrazioni).

Il santuario

Ecco la nostra chiesa dal pavimento sconnesso. Povera e un po’ grigia, anche se “ci potresti mangiare in terra” tanto è linda, pioggia permettendo (per via delle carrozzine che lasciano delle striature di fango lungo mezzo perimetro di chiesa). Un po’ tutta l’Opera di fratel Ettore la diresti: tenera, allegra e infantile persino nei momenti più seri, nel dramma. (Infantile che non vuol dire puerile: of course).  “Qui è tutta una commedia” mi rispose fratel Ettore quando un secolo fa gli proposi di far recitare ai suoi amici dei testi teatrali che avrei scritto io.

Voi entrate e dalla parete opposta vi sorride il volto di un cinquantenne ragazzino, è la foto di fratel Ettore incorniciata sulla sua tomba. Sono pochi anni che abbiamo messo questa foto, ma non ci soddisfa e neanche la precedente, questa perché troppo giovane, l’altra perché sembrava ci sgridasse (ed io ricordo quando è stata scattata, la colpevole di quella espressione sono io ed ancora ne ho il rimorso: l’avevo proprio esasperato e qualsiasi sia stato il motivo me ne pento amaramente).

Camminando dritti a voi sarete intercettati dalla Madonna di Fatima: “E’ in legno, l’ha portata fratel Ettore dal Portogallo, è bellissima …” me lo sento sempre dire quando qualcuno la guarda senza minimamente domandarsi di quale materiale sia o quale provenienza abbia. Dalla statua della Vergine, alla disposizione delle sedie, al posare le mani sul leggio rifacendo sempre lo stesso pensiero: “io non ci arrivo e dire che fratel Ettore ci si appoggiava sopra con i gomiti!”… non posso fare a meno di rendermi conto che per me Casa Betania è un luogo che non ha eguali. Non sento nessuna voglia di uscire dal suo cancello e appena fuori inizio il conto alla rovescia del rientro. Il tempo ha un’altra cadenza fuori ed io so ballare solo i ritmi che si danzano qui. Dunque non aspettatevi da me una descrizione imparziale di Casa Betania.

Poniamo l’arrivo alle ore 9 in Santuario di un gruppo di 30 o 40 ragazzini del catechismo di qualche Parrocchia, con età dagli 8 massimo 13/14 anni, con loro il mio cuore sembra acquisire nuova elasticità, si mette a pompare energico e le mie guance diventano rosee come le loro e i miei occhi brillano come i loro intanto che la maggior parte ascolta, comprende, condivide, in una mobilità continua del viso e del corpo, con brevi sospensioni improvvise quando un racconto diventa più personale, più intimo e commovente, per poi riprendere in una successione gioiosa che mi rinvigorisce più di un’alternanza (immaginifica) di doccia calda-doccia fredda salvo poi, a fine corsa, necessitare di urgente capillare riposo, anche se sono solo le 11 e la giornata è tutta da vivere ancora.

Mentre l’esperienza con giovani dai 15/16 ai 20 anni che vengono, trascinati da circostanze che li coinvolgono loro malgrado, altrimenti non sarebbero mai venuti, è devastante: sembrano ciechi, sordi e indifferenti, come se fossero vittime di un maleficio. Mio Dio cosa gli è successo?!

In Santuario ci sono i Poveri seduti: ed oggi ho scoperto che c’è sempre e ancora qualcosa da rubare ad un povero: l’anima. Abbiamo con noi una ragazza ucraina, arrivata al dormitorio dalle sue strade di vita, e lì fermatasi perché la sua malattia l’incalzava e l’aveva intrappolata …
date le voci che mi giungevano di questo continuo disagio vissuto da Maria (diciamo che si chiama come centinaia di ragazze ucraine), ho finito con l’interessarmi alla vicenda scoprendo che si trattava di una ragazza schizofrenica con episodi paranoici, qui in Italia già da 5 anni, con alle spalle una famiglia disastrata (la mamma con la sua stessa malattia, il fratello drogato e alcolizzato, il padre non c’è); sposata, con una bambina che vive con la nonna paterna e il marito-papà in questione forse c’è per la figlia, ma non c’è per lei, Maria: “Mi ha lasciata perché io fatto cura dimagrante, per mesi io bevo solo caffè e non mangia, dimagrita troppo”. Oggi sono venuti gli evangelisti: lei con gonnellona e foularino che trattiene raccolti i capelli lunghi, lui “è il pastore” mi dice lei; se l’è portato dietro perché già l’altra volta le avevo detto che Maria è malata e deve curarsi: “la rimandiamo in Ucraina così le troviamo un lavoro” (intende che la colonia evangelista si sarebbe presa cura di reinserirla nel mondo del lavoro, trovarle poi una casa), io: “perché avete delle comunità, delle case dove ospitare i poveri e i malati come lei?” “no”, “allora lascia perdere perché Maria ha bisogno di curarsi e in Ucraina non ha nessuno che possa assisterla”, lei: “sono stata al Consolato …” “dav
vero?” dico io “allora dammi il telefono che chiamo e faccio la segnalazione di questa cittadina ucraina” … non si arrende e oggi torna con “è il pastore” , “e allora?” faccio io, “per mandarla in Ucraina”dice lei, di nuovo! “No, Maria si deve curare”… e vado via, anzi fuggo … ma loro insistono nel mettere  in atto questo comportamento invadente, che suscita antipatia, e certo torneranno.

L’Eucarestia: di una semplicità estrema vissuta con i poveri. È il momento più reale, più concreto, e non c’è dubbio che stia trasformando tutta la nostra esistenza (noi ce ne rendiamo conto), la realtà di Casa Betania, il pane della vita quotidiana, quello del corpo e quello dell’anima, in un unico Pane. Noi siamo un po’ come dei bambini che crescono e imparano piangendo, giocando, ruzzolando, in un disordine rumoroso e quasi organizzato che lascia trapelare, uno dopo l’altro, eventi evangelici inaspettati. Ci sono anche tempi di pausa e c’è n’è uno che è momento sacro, guai a chi disturba o “canta fuori dal coro”: quando recitiamo il Rosario.      Ci mettiamo impegno, vogliamo che la Mamma del Cielo si prenda cura di noi e ci educhi e ci prepari
per la celebrazione dell’Eucarestia … così lo sentiamo quel momento, ci mettiamo tutto il cuore, e il nostro caotico darci da fare trova una tregua di riflessione profonda e di ringraziamento.

Il refettorio più annessi e connessi

Cucina, zona lavaggio piatti, dispense: è un bel posto, in ogni casa la camera da pranzo è la più frequentata, invece per noi è quasi alla pari con la chiesa: Lodi/Messa- colazione; Rosario – pranzo; Coroncina – merendina; Vespri – cena. È anche il luogo delle feste e delle domeniche pomeriggio, quando vediamo il film.

MILANO 15/02/2006 SUOR TERESA NELLA CASA BETANIA DI SEVESO DOVE SI OCCUPA DEI POVERI E DISAGIATI FOTO SERENA MARINELLI/CLICPHOTOIn fila per il pranzo..chi vince mangia!Festa in refettorioI verduristi Majid e ViorelRomeo, apparecchiatore ufficialeAbdul ai piatti e Ahmed al carrellosr. Laura

Fare la cuoca è posto ambito e la nostra Lisa è una cuoca umile che non si scompone quando le volontarie quotidianamente attentano al suo titolo. Anche per altri versi non è facile la cucina a Casa Betania infatti né Lisa, né altri sono liberi di scegliere il menù: è la Provvidenza a decidere. L’abilità sta nel mettere insieme ad arte ciò che Lei ha già preparato e scelto per noi.

Lisa, cuoca ufficialeAiuto cuoco, cuoca in seconda (Anna grande) e Patrizia (apparecchiatrice ufficiale) (1)Loretta, sr.Ester e Anna (piccola)Loretta e Anna (piccola)

Al centro del locale cucina, la stufa a legna è spenta solo per qualche ora notturna; di giorno serve per cuocere e in teoria dovrebbe anche riscaldare il refettorio, compresi gli annessi e connessi, ma nonostante la guerra all’ultimo sangue contro i lasciatori di porte aperte, la temperatura nei locali è appena accettabile e il tepore se ne va su per le scale se non direttamente in cortile.

Carmelo con legnaCarmelo carica la stufasr. Ester e Giuseppe alle prese con pulizia stufa
I reparti

primo e quasi tutto il secondo piano palazzina A è esclusivamente per gli uomini. Parte del primo piano della palazzina B è solo per le donne. Loro, le donne, sono solo un terzo degli uomini.

Nei reparti qualcuno ce l’ha il compito delle pulizie e del tenere ordinato … ma si rende necessaria anche una delegazione esterna, ben motivata e armata di scopettoni, stracci e secchi, che si impegni nelle pulizie “di fino” almeno ogni quindici giorni una volta dagli uomini e una dalle donne.

“Stai certa è un errore” mi dico “mettere in discussione tutta la propria vita e, quando va male, persino la propria aspirazione alla santità” per quelle volte che uno degli Ospiti si comporta in modo strafottente e uno va in collera: “quando ti arrabbi” dicono “non hai mai ragione” … e questo brucia, “forse preferirei restare nelle mie illusioni … ?” ci pensano loro a disincantarmi. Non ci tengono affatto a far parte delle mie confusioni e con i loro scossoni frantumano ciò che in me non è carità, ma solo affetto per i fantasmi della mia ignoranza. Mi costringono  ad uscire allo scoperto e ad amare persone in carne ed ossa.

Per esempio: pur comprendendo il bisogno di chiunque di trovare rifugio in un luogo accogliente e privato, mi preoccupa una zona della Comunità come quella dei reparti che, magari per giorni interi, o  settimane, sfugge a qualsiasi supervisione … ricordo fratel Ettore quando irrompeva nelle suddette zone lanciando il suo AUUU!, tipo urlo di guerra, e si vedevano in contemporanea volare dalle finestre moccini, budini, bibite e qualsivoglia maltolto o merce compromettente …

È chiaro che non è tutto un idillio. Ma quel che conta è che vedendo queste persone iniziare una vita nuova, recuperare il senso del bene e del male che, nelle condizioni di estremo disagio spesso, insieme alla dignità, avevano smarrito; monitorare questo ritorno ad avere cura di sé … e non solo, ma chi fino a ieri giaceva su un marciapiede, nell’immondizia, nel sentimento del proprio fallimento, nei fumi dell’alcool, incurante di tutti e di se stesso … oggi si prende cura di un suo simile in carrozzina, cambia il pannolone ad un “fratello” malato di mente, gli rifà il letto, lo lava. Vederli collaborare alla vita comunitaria preparando gli alimenti, cucinando, facendo le pulizie o curando le piante, verniciando il cancello e portando fuori i cassonetti dell’immondizia; godersi un pomeriggio guardando un film o tifando per la squadra del cuore; osservarli ricevere con passione un’istruzione religiosa, pregare, comunicarsi, confessarsi … non sembra possibile siano le stesse persone che abitavano i marciapiedi, fra cartoni di vino ed escrementi. Guardarle e … stupirsi di quest’annuncio di Paradiso …

Il terrazzo

ovvero il luogo della sigaretta “ufficiale e benedetta” (si fa per dire). Gli altri posti di Casa Betania sono proibiti ai fumatori. Insomma è vietato ed è formalmente imbarazzante per chiunque (e sottolineo CHIUNQUE, questa è una minaccia!) venire sorpreso in fragrante fumata nel luogo non preposto a ciò che è considerato ormai quasi abbietto. Qui sono tutti tabagisti, comunque chi non fuma ha elaborato da tempo una mimica schifata per significare: “dal puzzone pestilenziale si capisce che ti sei appena fatto un moccino” (= slang in uso fra noi). Forse il fenomeno meriterebbe più approfondita riflessione.

123

Il terrazzo poi è anche il luogo dove vengono stesi vestiario e lenzuola del reparto uomini e dove sono locate due obsolete e oneste macchine: lavatrice ed essiccatoio; la seconda è sempre in fase terminale, il più delle volte è utilizzata come nascondiglio per derrate alimentari trafugate dal refettorio o direttamente al loro arrivo al cancello.

L'archivio

silenzio sospeso, mormorii soffocati, rapide sortite, ma non ancora il passo spedito della gioiosa libertà dei figli di Dio. Un bel lavoro aver messo tutto in ordine o quasi: foto, video, documenti, premi, oggetti, reliquie!, ma fratel Ettore è talmente vivo che racchiuderlo in un archivio è impossibile! Meno male, Signore ti ringrazio. Non racchiudere lui, significa essere vivi anche noi. Ci vuole coraggio, ci vuole cammino, ma sarà bello entrare e uscire dalla vita di fratel Ettore, dall’Opera, da quella che crediamo un po’ rigidamente la sua identità, affrancati dalla suggestione del “castello incantato”. Fra i libri che non ho letto il titolo più bello è questo: Liberi e fedeli in Cristo. Ciò non toglie che mi viene da piangere.

La piccionaia

La casetta vecchia, nel sotto tetto, aveva una colombaia, dove c’era una camerina piccina-piccina e in questa camerina ci aveva dormito Enrica: la nostra pasionaria! (più avanti ne parlerò). Quando sorella Laura è venuta la prima volta per fermarsi con noi una settimana, l’abbiamo accompagnata nella “piccionaia” cantando in processione con la statua della Madonna e, se la memoria non m’inganna, abbiamo acceso perfino dei flambò (certo è che lei se lo ricorda bene). Quel sotto tetto noi continuiamo a chiamarlo “piccionaia” anche se l’abbiamo trasformato in una mini mansarda con quattro mini camerine e un bagnetto. Se dovesse venire qualche altra ragazza a vivere la nostra vita, rifacciamo la processione, promesso.

Le barche di Casa Betania

“La tua Provvidenza, o Padre, la pilota,
perché tu tracciasti un cammino anche nel mare
e un sentiero sicuro anche fra le onde,
mostrando che puoi salvare da tutto,
sì che uno possa imbarcarsi anche senza esperienza.”

(Sap 14,3-4)

L’ARCA DI NOE’

“Fratel Ettore, la sua Comunità cosa rappresenta?”

“L’arca di Noè! Se vi siete resi conto c’è ogni sorta di infermità… l’arca di Noè. Li ho trovati tutti per le strade, potrei dirvi nome, cognome e posto dove li ho raccolti, ma mi sono accorto giorno dopo giorno che se dovessi mollare questo stile di condurre questa famiglia, cioè Dio e dall’amore di Dio al prossimo, non si potrebbe andare avanti”.

 

LA BARCA DELLA MISERICORDIA

Lo splendido veliero nella foto è molto bello. E’ fatto con cura e ricco di particolari. E’ il dono di un amico che ha avuto una vita diciamo un po’ “avventurosa” e che verso la fine ha pensato di cambiare, un po’ come il buon ladrone .

Neanche lui ha resistito alla Madonna e all’ “armata Brancaleone” (= un gruppetto dei nostri con fratel Ettore e sr.Teresa) che si era insediata proprio vicino a casa sua..o meglio, nel suo “territorio”!

Sr. Teresa lo ricorda così…

Il nostro amico romano

LA BARCA DELLA SALVEZZA

La comunità sta sempre in mare e la sua attività principale è la pesca. A Gesù gli è sempre piaciuto molto… anche se per trent’anni ha fatto il falegname, durante gli altri tre si è scelto dei pescatori come amici e collaboratori, stava spesso in riva al mare o su qualche barca e attraversava il lago di Tiberiade dormendo a poppa con un tempo impossibile o camminando sull’acqua.  Sulle stesse rive è apparso da Risorto per preparare una buona colazione ai suoi che erano stanchi e un po’ depressi e rincuorare e tirare su di morale Pietro, che si sentiva probabilmente ancora come un cane bastonato.

LA BARCA DELLA CHIESA

A destra e a sinistra del santuario di Casa Betania ci sono due colonne: su una c’è Maria, sull’altra l’Eucarestia. Sono i due pilastri della Comunità. Sulla base ci sono dipinte due ancore, simbolo tradizionale che indica la speranza. Anche se a volte la Comunità è un luogo di fatica, è sempre e comunque un luogo di speranza e salvezza (per chi vuole) nonostante ad alcuni, dall’esterno, sembri un luogo di dolore e rassegnazione, come di una vita “a metà” o “rimediata”. Invece no, è una vita piena! 

Le due colonne si richiamano al sogno di don Bosco, nel quale la nave della Chiesa, per salvarsi dai nemici, si lega ad esse. A questa grande nave, sul quale sta il Papa, sono ancorate altre piccole navi. Il nostro santuario è collegato alle due palazzine retrostanti mediante due ponti.. somiglianze che si rincorrono! 

Sogno delle due colonne

Laboratori creativi

IL TEATRO DELLA MISERICORDIA

LABORATORIO DI PITTURA

I am text block. Click edit button to change this text. Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Ut elit tellus, luctus nec ullamcorper mattis, pulvinar dapibus leo.

Le nostre case

  • Casa Betania
  • Villaggio della Misericordia
  • Nostra Signora di Loreto

“Casa Betania delle Beatitudini”

Casa madre dell’Opera Fratel Ettore

Corso Isonzo, 90 - 20822 Seveso (MB) - Tel. 0362 551332

mail: operafratelettore@gmail.com

C.F. 97032640159

presidente e rappresentante legale: Maria Teresa Martino

email: sr.teresamartino@gmail.com

Offerte su conto bancario intestato a :

MISSIONARI DEL CUORE IMMACOLATO DI MARIA,

OPERA FRATEL ETTORE

IBAN BCC Barlassina

IT18U0837433870000001069581