Penso tanto ad Ester che sta vivendo ancora adesso il lockdown a Bogotà, così lontana e così sola. Ho riletto questa sua testimonianza ed ho pensato di condividerla…
ESTER
Perché stare con i poveri? Vi racconto la mia esperienza.
Per me non è stata la fede a farmi avvicinare ai poveri anzi se avessi badato alla mia fede, alla mia poca fede, non mi sarei sbilanciata, non avrei osato tanto! Non mi ero mai chiesta infatti se nel povero c’era Gesù, non pensavo che fare del bene mi avrebbe meritato il Paradiso e per giunta avevo anche molte cose da sistemare e ordinare nella mia vita, soprattutto cose interiori.
Questa infatti era la situazione che stavo vivendo.
Nei momenti duri della mia infanzia e adolescenza, mi accorgo, rivedendomi, di aver avuto un’esperienza di Dio tutta particolare. Penso, infatti, che le esperienze dolorose fanno scoprire Dio ma, inizialmente, questa scoperta non è del tutto positiva o almeno per me non fu così. Più che di incontro con Dio sarebbe meglio parlare di scontro. Ho vissuto infatti una contraddizione interiore che oscillava tra il devoto e la rabbia. (Sarà una espressione troppo forte? Forse).
Ero convinta, infatti, che Dio avesse dovuto manifestarsi a me nelle formule di preghiere o quando ero in ginocchio in qualche chiesa, ma la realtà era che sia dentro che fuori di me non cambiava mai nulla e pur ritenendomi “devota” mi ritrovavo sempre a vivere situazioni non scelte, non capite, diverse da quelle dei miei coetanei. Ecco che allora scaturiva una reazione inaspettata di rabbia lanciando a Dio delle frecce dirette:” Dove sei Dio? Ma ci sei o no?”
Mi convinsi che Dio non lo si può conoscere fino in fondo. Se ne scopre solo una parte, lentamente e poi lo respingi, batti i pugni e lo fai andare via. Lo allontani perché te ne ha combinate talmente tante che decidi che è così che deve essere. Poi però non lo vedi più e aspetti. E l’attesa è come un mare in burrasca in cui non sai dove aggrapparti, sparisce totalmente la parte devota di te e rimane solo la voglia di far valere le tue ragioni!
Con il tempo scoprii che Dio stava attuando con me in un modo mai preso in considerazione: non ha mai usato gli effetti speciali. Mai. Nemmeno ora!! E capii, solo più tardi, che questo non era un nascondersi di Dio, tutt’altro… Ho sempre camminato con i piedi per terra, non mi è stato risparmiato niente. Ospedali visti: abbastanza. Malati? Tanti. Giovani malati: anche. Consultori: file a non finire.
Il vangelo dice: ” Io sono con te tutti i giorni fino alla fine della tua vita” Ma allora in che maniera il Signore è stato come me? Forse è che Dio si infila continuamente nelle pieghe della mia vita e andava plasmando il mio cuore, pulendo minuziosamente, come con un bisturi, le ferite, usando la mia vita come un campus, una prova, una scuola dove lui mi insegnava qualcosa, coltivando piano piano il cuore come c’è scritto nelle sacra scrittura:” Imparò l’obbedienza dalle cose che patì” e ne è la prova provata il fatto che, fin da piccola, ho sempre avuto nel cuore il desiderio di aiutare gli altri, quelli in difficoltà, i più malati, i tristi, quelli che sono soli; non necessariamente poveri in quanto a soldi, ma bisognosi. Avevo una sensibilità particolare e un modo di intuire le cose in maniera diversa e non è stato difficile per me rispondere ad un desiderio che avevo nel cuore senza pensare se era mio o era di Dio ma sapevo che era un desiderio gratuito che mi riempiva e non cercavo niente in cambio come invece succede certe volte.
Iniziai a venire a Casa Betania con questo buon proposito che non mi ha mai abbandonato e mi successe un fatto singolare: prima di iniziare il mio servizio con i poveri entrai nella cappella di Seveso – riproduzione fedele del santuario di Fatima – dove i poveri ben ordinati tenevano in mano un bel libro alto e stavano recitando le lodi! Fu così che imparai a pregare con i salmi e da lì a poco iniziarono i miei dialoghi con il Signore e con amici sulla mia fede per scavare più in profondità nella mia interiorità e vedere che cosa c’era dentro e cominciai a riscoprire, piano piano, le cose di Dio.
Ero avvantaggiata nella mia riscoperta perché a Casa Betania è facile vedere Dio infatti il mio compito era quello di affiancare Lorenzo, il portinaio, e aiutarlo a portare le donazioni di vestiti e di alimentari al capanno e in cucina. Ed è lì che vidi per la prima volta la Provvidenza di Dio, erano molti infatti i benefattori che arrivavano al cancello e con quegli abiti e quel cibo i poveri si vestivano e si sfamavano ed era tanta la Provvidenza da poter distribuirne ad altri! Esattamente come spiega il vangelo nell’episodio della moltiplicazione dei pani. Mi sembrava così straordinario. Ed era evidente che è Dio che si prende cura dei poveri e forse anche di me! Così iniziò il mio cammino interiore fatto di avanzate, di arresti, di passi indietro, di comprensioni, di conquiste.
Quale Grazia il Signore mi ha dato nel non fuggire davanti al dolore della gente, di non tapparmi gli occhi o gli orecchi, di non cedere alla stanchezza e al rifiuto. Avrei potuto alzare muri, tirarmi indietro, far finta di non vedere, o non avere più voglia di vedere, sarebbe stato umanamente comprensibile farlo, ma invece, per grazia, la mia vita ha preso tutta un’altra svolta!
E ora per fede mi ritrovo ad essere quel Cireneo che aiuta Cristo a portare la croce presente nelle sofferenze, malattie, fatiche di questi suoi figli e figlie.
“Casa Betania delle Beatitudini”
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